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I più grandi eventi meteorologici della storia!

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Messaggio Da ale90 Sab Nov 01, 2014 2:01 pm

questo articolo, non l' ho scritto di mio pugno ma l' ho riportato dal sito dell' INAF Wink

INAF: L’ Adeano? Non era poi così infernale

Già il nome è tutto un programma: Adeano, da Ade, il dio degli inferi. Ed è proprio all’inferno dantesco che corre la nostra immaginazione quando cerchiamo di raffigurarci l’ambiente terrestre delle origini, oltre 4 miliardi di anni fa. In quell’eone primordiale che i geologi chiamano, appunto, Adeano, sul nostro pianeta la vita ancora non c’era. E le condizioni per ospitarla nemmeno. O almeno così ritenevano gli scienziati fino a una trentina d’anni fa. Non avendo rinvenuto rocce risalenti ai primi 500 milioni di anni dalla formazione della Terra, i geologi erano più o meno tutti concordi nel ritenere che per lungo tempo la superficie del nostro pianeta fosse costituita da una sorta di oceano di magma.

Poi però alcuni testimoni di quella prima epoca sono affiorati. Si tratta dei cristalli di zircone rinvenuti a Jack Hills, una catena collinare dell’Australia Occidentale, nel corso degli ultimi trent’anni. Uno di essi risalirebbe addirittura a 4.4 miliardi di anni fa, età stabilita grazie alla datazione radiometrica. L’analisi di questi campioni ha permesso così ai geologi di intraprendere, per la prima volta, il tentativo di ricostruire l’ambiente nel quale questi cristalli si formarono. Ambiente che fino a oggi sembrava mostrare numerose analogie, da un punto di vista geologico, con quello che caratterizza l’odierna Islanda: relativamente ricca di rocce di silice e con una crosta basaltica spessa e di recente formazione, l’Islanda è infatti considerata una sorta di Adeano in versione moderna.

Da oggi, però, questa somiglianza comincia a scricchiolare. Una squadra di geologi della Vanderbilt University, confrontando gli antichi zirconi di Jack Hills con quelli – risalenti ad appena 18 milioni di anni fa – recuperati ora in Islanda, ha trovato significative differenze. In particolare, sottoponendo i due campioni ad analisi chimiche e isotopiche, i ricercatori hanno notato che le rocce islandesi hanno una più alta concentrazione di titanio e di itterbio, nonché un’abbondanza isotopica di ossigeno-18 incompatibile con quella dei detriti di Jack Hills.

I risultati, pubblicati su Earth and Planetary Science Letters, indicano che gli zirconi islandesi si sono formati da un magma molto più caldo rispetto a quello dal quale sono emersi gli zirconi risalenti a 4 miliardi di anni fa. E se per la formazione di entrambi i cristalli un ruolo fondamentale è giocato dall’acqua presente in superficie, nel caso degli zirconi islandesi si sarebbe trattato di acqua ad alta temperatura, mentre quelli dell’Adeano sarebbero frutto dell’interazione delle rocce con distese di acqua assai più tiepide. Suggerendo dunque che la Terra, nel corso del suo primo mezzo miliardo di anni, potesse essere stata sorprendentemente simile a com’è ora, con tanto di oceani, continenti e placche tettoniche. «Sono conclusioni controintuitive, quelle alle quali siamo giunti. Gli zirconi risalenti all’Adeano si sono formati da magma analogo a quello che troviamo nelle moderne zone di subduzione», dice uno degli autori dello studio, il geologo Calvin Miller, «ma a quanto pare, rispetto a quelle odierne, perfino più fredde e più umide».

Autore: Marco Malaspina

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fonte:http://meteobergamasco.altervista.org/inaf-l-adeano-non-era-poi-cosi-infernale/

http://www.media.inaf.it/2014/09/16/adeano-tiepido/

nei prossimi giorni arriveranno altri articoli Wink
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Messaggio Da ale90 Gio Nov 20, 2014 12:57 pm

La grande eruzione del 1883 del Krakatoa


Con il nome Sud-est asiatico si intende una vasta regione dell’estremo oriente che comprende la penisola dell’Indocina e l’arcipelago dell’Indonesia.

Si tratta di una regione geologicamente molto attiva, costellata da vulcani e spesso scossa da terremoti e maremoti anche violenti. Non è un caso quindi che una delle più potenti eruzioni vulcaniche che siano state viste e documentate dall’uomo abbia avuto luogo proprio in questa parte del mondo.

Nell’agosto del 1883 il vulcano Krakatoa eruttò con tale violenza da causare un vero cataclisma, con conseguenze fino a centinaia di chilometri di distanza e causando cambiamenti climatici per mesi in tutto il pianeta.

Dall’inizio della primavera del 1883 gli abitanti di Batavia (l’attuale Giacarta) nell’isola di Giava sentivano strani brontolii verso ovest. In molti erano convinti che si trattasse degli echi di qualche combattimento (i mari
di questa parte del mondo erano infatti continuamente solcati da navi pirata e i rumori dei cannoni riecheggiavano spesso nell’aria). Gli abitanti della parte più occidentale di Giava si erano però accorti che quei brontolii provenivano in realtà da un’isola a poche decine di chilometri dalla costa: era l’isola di Krakatoa nello Stretto della Sonda, un braccio di mare tra Sumatra e Giava che mette in collegamento l’Oceano Indiano con il Mare di Giava.
Si trattava di un’isola vulcanica disabitata, che nel passato aveva già dato segni di irrequietudine, ma che da circa 200 anni sembrava aver cessato ogni attività. Dall’aprile del 1883 però da una delle bocche iniziarono a
fuoriuscire nuvole di polveri e ceneri e il 20 maggio uno dei coni dell’isola emise una nuvola così densa da oscurare il cielo per molte ore. Questi segnali, lontani dall’essere interpretati come le prime avvisaglie di un
tremendo risveglio, attirarono per settimane curiosi e turisti! In molti si avventurarono fino alla cima per scrutare l’interno del cratere! Il mese di giugno trascorse senza particolari preoccupazioni, ma a luglio l’attività del
vulcano riprese, sempre più intensa, al punto che per l’inizio di agosto ogni approdo sull’isola venne vivamente sconsigliato.

Dalle diverse bocche vulcaniche, uscivano ormai costantemente nubi di ceneri, polveri, lapilli e
l’isola era spesso scossa da violenti tremori. Domenica 26 agosto accadde il peggio: alle 13:00 si udì un forte boato e un’immensa nuvola nera si alzò dall’isola per più di 25 km. La terra non solo dell’isola, ma anche di Sumatra e Giava iniziò a tremare e verso sera onde marine altissime, generate da maremoti sviluppati in prossimità del vulcano, raggiunsero le coste vicine. Per tutta la notte l’intera zona fu colpita da una fitta pioggia di detriti e polveri che ricoprirono tutto e resero l’aria irrespirabile; la scena già apocalittica di per
sé, era resa ancora più catastrofica dai bagliori di centinaia di lampi che l’elettricità presente nell’aria generava.

Nel primo mattino il peggio sembrava ormai passato, ma si trattava solo della quiete prima della tempesta: a metà mattinata l’isola esplose! Il boato fu così forte da essere udito in tutta l’Asia e in Australia. Rocce
incandescenti furono spinte in aria per decine e decine di chilometri; il cielo si oscurò su tutta l’Indonesia; violenti terremoti e maremoti sconvolsero per ore tutta la zona.Onde alte fino a 30-40 metri seminarono morte e distruzione per decine di chilometri. E gli effetti di queste onde, dette tsunami, furono sicuramente la causa maggiore dei decessi: l’isola di Krakatoa era infatti disabitata e “a distanza di sicurezza” dalle terre vicine, ma nulla si potè fare per fermare questi tsunami.
Interi villaggi furono rasi al suolo, decine di imbarcazioni vennero ridotte in mille pezzi e si contarono fino a dieci diversi tsunami.

Ciascuno fu seguito da minuti e a volte anche da ore di calma piatta, traendo così in inganno gli abitanti delle coste, i quali credendo che il peggio fosse ormai passato, correvano verso le zone allagate per portare in salvo persone e cose e alla fine si contarono più di 35.000 decessi.

Un’eruzione così violenta ebbe conseguenze notevoli anche sul clima dell’intero pianeta.
L’esplosione del Krakatoa causò una diminuzione del 20/25% nella trasparenza atmosferica e un calo della temperatura media annua terrestre di circa un grado.
La spedizione scientifica inglese, capeggiata dal fisico Russell, studiò con attenzione il movimento delle particelle sospese nell’atmosfera e non solo arrivò a calcolare che la nube di polveri impiegò circa 2 settimane per fare il giro del mondo, ma diede un contributo fondamentale nello studio della fisica dell’atmosfera, la scienza alla base della moderna meteorologia.
Un secondo aspetto più suggestivo riguarda gli effetti ottici che queste polveri riescono a dare: in tutto il mondo da quell’agosto 1883 e per molti mesi i tramonti si colorarono di un rosso intenso.

I più grandi eventi meteorologici della storia! - Pagina 2 Anak_Krakatau

fonte:http://meteobergamasco.altervista.org/l-eruzione-krakatoa-1883/
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Messaggio Da ale90 Lun Dic 22, 2014 3:03 pm

Il grande blizzard del 1888 negli USA

Nei primi mesi del 1888 a New York non si faceva altro che parlare di quello che fino ad allora era sicuramente stato uno degli inverni più caldi degli ultimi anni.

Il giorno 10 marzo, alle ore 21:00 il termometro segnava una temperatura di circa 10 °C.
Il giorno successivo per quanto il cielo fosse coperto e qua e là venisse segnalato anche qualche rovescio di pioggia, la temperatura era ancora sopra le medie del periodo.
Nel corso del pomeriggio, però, qualcosa cominciò a cambiare. Il vento iniziò a rinforzare sempre di più, i rovesci e i temporali aumentarono d'intensità, la pressione atmosferica diminuì rapidamente e cominciarono ad arrivare segnalazioni dei primi inconvenienti.

Quell' 11 marzo, però, era domenica: il centro meteorologico di New York era semideserto e si erano
interrotti tutti i contatti con il Centro Meteorologico Nazionale di Washington.
Là a Washington la situazione era più chiara: le coste orientali degli Stati Uniti e New York in particolare stavano per essere colpite da una violenta bufera di vento, neve e freddo che avrebbe messo inginocchio la città per giorni.

La tempesta si originò a causa dello scontro tra masse d'aria dalle caratteristiche profondamente differenti la prima proveniva dal Golfo del Messico, relativamente calda e carica d'umidità.
L'altra si muoveva dal Canada verso sud, ma aveva origine addirittura a nord del Circolo Polare Artico. Le due masse d' aria si incontrarono proprio il pomeriggio di domenica e dallo scontro si generò rapidamente un un profondo ciclone invernale.

La parte centrale del ciclone cominciò a muoversi verso New York, spinta da venti fortissimi. Verso sera la pioggia in città diventò sempre più intensa e fitta, il vento soffiava ormai con raffiche insopportabili, al punto che un tram a cavalli fu addirittura ribaltato.
Arrivata la mezzanotte, la temperatura scese intorno allo zero e la pioggia si tramutò in neve.

In realtà, per quanto fosse ormai chiaro che era in corso un evento di eccezionale portata, la mancanza di un avviso di tempesta diramato dall'ufficio meteorologico fece andare a letto i Newyorkesi senza troppe preoccupazioni.

Il mattino seguente la città non sembrava più la stessa: una spessa coltre bianca ricopriva tutto e la bufera non accennava a smettere. Il forte vento creava alti cumuli di neve a ogni angolo, bloccando il traffico dei tram e della sopraelevata (alcuni cittadini ne approfittarono, facendo pagare ai
malcapitati rimasti chiusi sulla sopraelevata la possibilità di scendere a terra tramite scalette a pioli).

Per l'intera mattinata la città tentò di andare avanti, cavandosela alla meno peggio, ma a metà giornata tutto era ormai totalmente bloccato.
Chi al mattino era riuscito a recarsi al lavoro dovette ben presto abbandonare l'idea di rientrare a casa quella sera.
Uffici, alberghi, palestre, scuole si trasformarono in grandi dormitori, dove trovarono riparo migliaia
di persone.

Nella notte tra lunedì e martedì continuò a nevicare: la città era ormai irriconoscibile. Fortunatamente martedì mattina la nevicata cessò e dal pomeriggio la temperatura iniziò a salire su tutta la zona.

Condizioni meteorologiche favorevoli consentirono alla città di tornare rapidamente alla normalità, ma ben presto ci si accorse che la tempesta aveva lasciato sul campo decine di morti.
Chi per il freddo, chi per una lastra di ghiaccio caduta da un cornicione, chi per una brutta caduta o per un altro tipo di incidente, chi per essere stato letteralmente sommerso dalla neve, alla fine nella sola New York si contarono circa 400 decessi.
Ma il bilancio sale esponenzialmente se si considera che la tempesta coinvolse gran parte dell'intero Nordest degli Stati Uniti (tutta la fascia costiera atlantica fu colpita dalla tempesta con particolare violenza).

La più grande nevicata del secolo, con i suoi 60 cm di neve caduti in sole 24 ore e con cumuli causati dal vento alti anche 3 metri, era a quel punto ormai passata. Ma non tutti i mali vengono per nuocere: in seguito a tutti gli inconvenienti causati alle linee elettriche, telegrafiche e telefoniche, si decise di trasferire tutti i cavi sottoterra e abbattere la vastità di tralicci che spuntavano "come funghi" su ogni strada, a ogni angolo, a pochi metri l'uno dall'altro.

New York uscì più moderna dalla bufera e da lì a poco poté anche inaugurare la sua prima metropolitana sotterranea.

Per concludere l' articolo vi allego qualche foto dell' epoca.

10_PM_March_12_surface_analysis_of_Great_Blizzard_of_1888

Blizzard_1888_01

Blizzard_1888_Grand_Central_NY

Brooklyn_Museum_-_Blizzard_of_March_1888,_Brooklyn_-_Breading_G._Way_-_overall

StereoviewNewBritainCTGrandStMar131888BlizzardFWAllderige_enh

fonte:http://meteobergamasco.altervista.org/la-bufera-di-neve-negli-usa-del-1888/
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